La pittura di Missaglia non è scevra di tristezza. Nel colore risuona e non senza pregi, la cupa serietà di queste scene prive di gioia, deserte di canti e persino di voci.
Un colore denso, pesante, corposo ma steso con perizia e accordato quasi sempre in gamme tonali sicure.
Più vibrante ci sembra il Missaglia dove azzarda i più spregiudicati accordi di colore su schemi che non sono mai casuali ma rispondono intimamente ad un sottile coordinamento di fasce che si intrecciano con equilibrio spirituale e armonia tonale. Egli è spinto, nella tensione metafisica in cui è immerso, verso la conquista di una nuova realtà naturale, che sarà sensibilmente filtrata e depurata dalla fantasia. Si direbbe disceso un poco il senso dell’Antico Testamento fondendosi con una sorta di gravità popolare ma anche accentuando la sua asprezza in quelle fragili figure che scarsamente animano questo biblico mondo.
Agnoldomenico Pica
Critico d’arte – Milano 1953
Grandi stesure di colore, campiture in giallo, verde cupo: disegno sintetico.
La pittura di Missaglia appartiene al secondo novecento e ne risente delle lezioni del novecento italiano.
Tali lezioni dei maestri sono state però fatte proprie dall’artista o superate in una pittura robusta e densa di colore: intravediamo dei boschi, dei cieli al tramonto, perfino ombre luminose di figure umane; ma il bosco, il cielo, le figure disegnativamente non esistono. Sono rievocazioni e suggerimenti che la nostra mente, satura di realtà, legge e completa. E vi sono anche vortici di colore che non rievocano nulla di concreto, ma suscitano impressioni di profondità e di infinito.
Raffaele De Grada
Critico d’arte – Milano 1958
L’arte di Missaglia nasce da forti emozioni della natura, seguite da un maginoso oblio, non è frutto di ricerca ma di abbandono; e si presenta come un bisogno vivo di esprimersi; e una nuova forza, la quale, senza passare traverso descrizioni oggettive, congiunge direttamente il mondo dei sensi col mondo dello spirito. La sua ragione è racchiusa nella vita stessa dell’artista, che da anni si affatica, per dare o meglio per “trovare una nuova immagine del mondo interiore all’uomo, con le sue inquietudini, le sue angosce, i suoi sogni, le sue illusioni, le sue speranze”.
Quando venne a Brera, Missaglia aveva già una certa maturità intellettuale, una certa conoscenza dei movimenti artistici dell’epoca e in particolare quello di “Corrente”. A Milano conduce una vita schiva, parla poco e sa vivere di piccole cose: in un silenzio ricco di pensiero, tutto interiore.
Dopo la mostra alla Bergamini del ’53 e alla Selezione nel ’58 il suo linguaggio è più chiaro, è più definitivo, il pittore si mostra al corrente di quanto si è compiuto nel dopo guerra, in Italia e in Francia; incertezze neo-impressionistiche, colori urlanti, gesti teatrali, l’“informe” vengono da lui osservati e capiti, una necessità intima lo tiene fermo per anni su date posizioni a chiarire in silenzio le proprie idee, a suo riguardo si può accennare al grande filone espressionista tedesco, Klee alla testa, ma solo come valore culturale. Forse gli sono anche presenti certi esempi di pittura spagnola e americana, ma sempre e solo come cultura.
Esiste nel suo dipingere quel certo compiacimento di materia di ritrovati tecnici, di colori, entro cui si ribatte tanta pittura dei nostri giorni e che esprime l’ineffabile della sua sensibilità morale. Un lirico, quindi, come ebbe a notare un critico in occasione della personale a Lugano. Ma Missaglia mira a raggiungere un nuovo senso, una nuova luce, che da fatto fisico tende a divenire qualità dell’anima per arrivare alla poesia. Non dipinti puramente estetici, e tanto meno semplice rivalutazione di mezzi pittorici; ma una pittura che si arricchisce in toni sempre più preziosi, e giunge ad una variazione tonale sulle ocre, sui grigi, sui verdi marci, sui gialli modulati di sottile luce, in modo da farci pensare alla pittura di Morandi. Larghi paesaggi trasfigurati, tenere e trascolorite vegetazioni, conservate nella memoria; allusioni marine, figure allusive e informi, drammatiche vicende informali sono i contenuti di questi nuovi dipinti.
La sua “ricerca di nuove immagini” si potrebbe chiamare ”recherche des images perdues”.
Eva Tea
Docente storia dell’arte, Accademia di Brera – Milano 1961